venerdì 4 novembre 2011

due richieste di pietas

Pietà ora per Gheddafi

Che immensa sofferenza deve avere inflitto Gheddafi al popolo libico, che liberazione si è creduto che abbia significato la sua fine, se nessuna forma di pietà ha inibito il giubilo del suo popolo festante, alla diffusione senza ritegno delle scene della sua fine tremenda, in cui non più dittatore sanguinario ma inerme vittima sanguinante, appare suppliziato, oltraggiato, messo a morte ed esposto al ludibrio esultante degli insorti gioiosi assiepatigli intorno, animati dalla stessa ferocia già da lui riservata alle sue vittime. “ Wow”, se ne è compiaciuta Hilary Clinton. E mentre le segreterie europee d’oltralpe hanno accolto in silenzio l’esecuzione orrenda, propiziata dai bombardamenti delle loro aviazioni, in cui è finito massacrato lo stesso Rais che avevano accolto con tutti gli onori solo un anno prima di muovergli guerra, il nostro premier non ha mancato l’occasione per essere e dire l’opposto di quello che avrebbe dovuto essere e dire nei riguardi di Gheddafi: come è accaduto non più tardi dell’altra estate , quando si è prosternato nel baciamano di chi era sceso in Italia per insultare una seconda volta al suo cospetto le nostre istituzioni e tradizioni, o allorché ha manifestato pietà per il Rais nelle circostanze in cui avrebbe dovuto esprimere sdegno per la sua volontà di infuriare sulla ribelle Bengasi, ora in luogo della pietà riservando il proprio cinismo alla fine miserabile e atroce di chi aveva folleggiato d’essere il re dei re d’Africa e l’aveva reputato suo amico, un assassinio che ha liquidato con il gelido ricorso alla stessa formula liturgica, “ sic transit gloria mundi”, che celebra in latino le incoronazioni dei pontefici. Superato in questo solo dai suoi accoliti di governo. Certo, così passa la gloria del mondo, basta soltanto, dopo che si è atteso la scomparsa del messaggio promozionale, per assistere all’ulteriore ripresa del massacro del Rais, voltar pagina, aprire un nuovo capitolo di storia, come richiede l’assuefazione alla realpolitik planetaria.

Odorico Bergamaschi insegnante
Pubblicato sulla Gazzetta di Mantova il 22 ottobre 2011


Nell’imminenza, domenica 6 novembre dell eid al adha, la festa islamica del sacrificio e dello sgozzamento, vorrei intervenire su ciò che in “500 battute” della Voce di Mantova del 21 ottobre 2011, ha espresso Dino Bertolini sulla macellazione islamica della carne halal.
Egli ha allora deprecato che la Lav abbia dato credito alle “emerite bugie” di non meglio precisati mussulmani, che avrebbero assicurato che in Italia gli animali sarebbero storditi prima di essere sgozzati e lasciati morire per dissanguamento, una forma di pietà che del resto essi non sarebbero tenuti a esercitare, perché consente a loro di non praticarla una deroga della legislazione italiana che tutela “gli animali da inutili e crudeli sofferenze”, secondo la denuncia dell’ENPA, l’Ente Nazionale Protezione Animali.
Se Dino Bertolini avesse tempo e modo di leggere le pagine che in “ Maximum City, Bombay città degli eccessi”, Suketu Metha ha destinato alla celebrazione islamica di Bakri Id , alle pagine 189-194, avrebbe di che invocare l’apertura delle cateratte del cielo insieme con l’apertura dei fondali terreni.
E’ terrificante la crudeltà verso il mondo animale cui può indurre una religione. Pietà verso gli animali, è sacrosanto e legittimo invocare, con il grande filosofo cristiano -kantiano Piero Martinetti, pretendendo che una legislazione che ne eviti inutili sofferenze sia fatta valere nei riguardi di tutti, nessuno escluso.
E nessun indebito riguardo interculturale può giustificare deroghe speciali, o che un’associazione animalista certifichi il falso, dando via libera alla macellazione senza stordimento preventivo dell’animale che sarà sgozzato. Ma la pietà per gli animali non può mai diventare una legittimazione della nostra disumanizzazione nei riguardi della specie umana, di chi è innanzitutto il nostro prossimo, proprio perché è lo straniero o in esso avvertiamo un nostro nemico.
E’ più che umano, quando la nostra capacità di amare è mortificata dagli uomini, rendersi “ sprezzator degli uomini” e donare tutto il proprio affetto all’innocenza animale. Ma non è condivisibile che l’affetto per gli animali sia razionalizzato in un ripudio argomentato e pubblicizzato di un intero universo umano, quale la immensa civiltà e popolazione islamica..
Rammento ancora vividamente quanto ebbe a dirmi un giovane tunisino della Crumiria, oramai tanti anni fa, raccontandomi delle lacrime che pianse per più giorni, quando per l’eid in famiglia venne sgozzato inesorabilmente l’agnellino che aveva più caro.
Tale festa dell’eid , con il sacrificio rituale di moltitudini sterminate di animali,” un massacro” come lo definisce Suketu Metha nelle sue pagine impressionanti cui mi sono riferito, è una carneficina che ricorda il sacrificio di un montone effettuato da Abramo, sostitutivo di quello che egli stava per compiere del figlio Isacco, perché così credeva che volesse Dio.( rimando in proposito a quanto ne scrive Vito Mancuso in Io e Dio, alle pagine 173-182, che condivido assolutamente).
Ora, prima ancora che della religione islamica, Abramo è un capostipite della religione ebraica e di quella cristiana. Nel suo nome, in cui echeggia il tremendo di ogni senso del sacro, l’uomo di presunta fede perfetta, inossidabilmente cristiano e occidentale, può dunque sentirsi obbligato a compiere in obbedienza al suo Dio un sacrificio maggiore di quello di un animale. Il sacrificio, di cui la Croce è il simbolo eterno testimoniale, che Dio stesso, come Amore trinitario, ha compiuto del Suo Figlio medesimo secondo il cristianesimo. Liberando l’uomo dalla richiesta di ogni ulteriore olocausto che non sia il sacrificio perenne di se medesimo..
Attenzione, dunque, rispetto e riguardo, allorché si affronta in tali questioni ciò che è fondamentale per ogni uomo, stando in ascolto di tutte le risonanze che assume ogni nostro discorso.

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